Quel giorno, i discepoli erano raccolti in cima ad una montagna.
Il Maestro stava fra loro in Silenzio.
E Myriam Gli era accanto.
Andrea disse:
«Maestro, ecco che il Tuo Silenzio ci sorprende.
...

Perché ci hai riuniti? Non hai niente da dirci, oggi?».
Allora l’Insegnante rispose loro:
«E voi, non avete niente da dire a me?
Perché mai la fonte dovrebbe andare incontro ai pellegrini?
Il pellegrino dimentica a volte di avere gambe per camminare.
Dimentica che non è la strada a scorrergli sotto i piedi, ma che è la sua mente a proiettarsi verso l’orizzonte.

Chiedete, se avete intenzione di ricevere.
Quando la terra ha sete
tocca a lei chiamare la pioggia».

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Il Maestro non lo guardò e disse:
«Dov’è la debolezza?».
Poi, si mise in silenzio.
Simon Pietro parlò di nuovo:
«La debolezza è estranea all’Eterno.
...
Si è infilata nell’uomo passando dalle sue orecchie».
Andrea alzò una mano e disse: «Perché interrogare il Maestro giacché conosci la risposta?».
Allora l’Insegnante si alzò e disse:
«Anche tu la sai, ma lui incomincia a capire.
Colui che vuole comprendere per conoscere, alla fine, si rende conto che non deve seguire le mie orme,
bensì lasciare le sue spostandosi all’interno delle mie,
perché è dentro che troverà se stesso,
perché è dentro che si trova la gioia perduta,
perché è sempre dentro che si trova
la porta verso l’esterno dei mondi,
l’esterno che è il vero Interno.
Così la gioia non sorride a colui che raccoglie le mie parole,
bensì a colui che si sposta all’interno».
 
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Uno dei discepoli chiese:
«Dicci come fare per spostarci dentro».
Allora il Maestro disse:
«Cominciate con il porvi in Lui.
Non andate nelle spaccature.
...
Perché, in verità, non vi è frontiera.
Soltanto gli occhi creano la frontiera
perché non vedono il Dentro che sta nel fuori.
Solo l’Occhio crea l’unione.
È attraverso l’occhio che vi porrete in Lui.
L’Occhio crea il Mondo, che fa i mondi.
L’Orecchio che intende crea l’Occhio e lo fa crescere.
Così, la realtà che si apre all’Occhio ed all’Orecchio
apre la strada ad un’altra realtà.
L’Uno nutre il molteplice
ed il molteplice rimanda sempre all’Uno.
Vi annuncio: non separate,
spostatevi fra le separazioni.
È in questo modo che voi vi porrete in voi.
Questa è la via della quiete, perché la quiete è il + centro del cambiamento».
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Maria Maddalena, Gesu' figlio dell'uomo - Kahlil Gibran

  
Simon Pietro parlò con queste parole:
«L’Uno si avvicina nella quiete e nella gioia.
L’Uno è stabile e solo.
Ma dicci come mantenere la stabilità nel cambiamento».
L’Insegnate rispose:
...
«Contemplando la realtà del sogno dei mondi,
poi immaginando il Sogno dietro a quel sogno».
Il discepolo Andrea si stupì davanti a tutti:
«Bisogna sognare?».
Allora il Maestro gli disse:
Bisogna uscire dal sogno dei mondi
perché la gioia nasce nel Sogno
che ha concepito il gioco dei sogni e dei mondi.
Comprenda chi vuole comprendere.
Dorma chi si compiace nel lamento dei sogni.
Vi dico questo:
L’Uno sta nel risvegliarsi al Sogno.
(Vangelo di Miriam di Mijdel)
 
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Il discepolo si espresse ancora:
«Insegnaci: il Sogno è forse la cessazione della sofferenza?».
Il Maestro parlò a tutti in questi termini:
«Il Sogno è oltrepassare il sogno delle frontiere, e
le frontiere sono la sofferenza
...
perché la sofferenza è il tu e l’io
che si sognano come essendo due».
Allora, Simon Pietro chiese:
«Ma la Materia e la Non-materia, non sono forse due?
Come uscire dalla frontiera?».
L’Insegnante li benedisse tutti, poi disse loro:
«La Materia e la Non-materia fanno parte del Sogno del mondo.
Esse sono Una, sono il gioco
attraverso il quale l’Oblio tesse l’opera sua.
La separazione è un gioco,
come la sofferenza, e
la sofferenza nasce dall’orgoglio fondamentale che gioca a separare.
La Materia, vi dico, è un sorriso dell’Eterno,
per farci uscire dai mondi
e farci volere la Realtà».
(Vangelo di Miriam)
 
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Simon Pietro prese di nuovo la parola:
«Dicci, ora: cos’è la Realtà?».
Il Maestro disse:
«La Realtà è Ciò che ha concepito il gioco delle realtà.
La Realtà è Ciò che vi farà spostare le vostre orme dentro alle mie.
...
È immaginazione nella fiducia.
È ciò che genera la Conoscenza».
Il discepolo chiese ancora:
«Abbiamo sete.
Come raggiungere la Realtà?».
L’Insegnante parlò a tutti:
«Smontando ciò che non è Uno,
Contemplando la materia che inventa la frattura,
amando la frattura per i suoi giochi,
amandone i giochi per la strada che essa traccia verso il Gioco».
Poi disse ancora:
«Osando».
 
 

 

 

Un ringraziamento speciale alla mia sorellina spirituale Rosy Neguinet per avermi passato il testo qui sotto riportato


 

 

 
Fu nel mese di giugno che lo vidi per la prima volta. Stava camminando in un campo di grano quando passai con le mie ancelle, ed era solo. Il ritmo del Suo passo era diverso da quello di tutti gli altri uomini, ed Egli si muoveva come mai prima avevo visto fare.
Non è con quell’incedere che gli uomini percorrono il mondo, e ancora oggi io non so se camminasse veloce oppure lentamente.
Le mie ancelle presero ad additarlo e a scambiarsi trepidi bisbigli, Ed io fermai il passo per un istante, e sollevai la mano per fargli un cenno di saluto. Ma Egli non volse il capo, e non mi guardò. Ed io lo odiai. Vacillai nella Sua ripulsa; e mi sentii raggelare come sotto un cumulo di neve. Avevo i brividi.
In sogno, quella notte, lo vidi. Più tardi mi dissero che durante il sonno avevo gridato, agitandomi nel letto senza quiete.

Fu nel mese di agosto che lo vidi di nuovo, dalla finestra. Sedeva nel mio giardino, all’ombra di un cipresso; ed era immobile come fosse stato scolpito nella pietra, come le statue che si vedono ad Antiochia e nelle altre città del settentrione.
E il mio schiavo, l’Egizio, venne a dirmi: “Quell’uomo è di nuovo qui. Siede laggiù, in un angolo del tuo giardino”.
Ed io guardai, e guardai ancora, e la mia anima palpitò: perché Egli era bello. Il Suo corpo non era un corpo comune, e sembrava che ognuna delle sue parti vivesse in armonia con tutte le altre.
Allora indossai vesti di Damasco e lascia la mia casa per camminare alla Sua volta.
Fu la mia solitudine o la Sua fragranza a spingermi verso di Lui? Fu l’avidità dei miei occhi affamati di bellezza? Oppure fu la Sua avvenenza a invocare la luce dei miei occhi?
Ancora oggi non lo so.
Camminai verso di Lui con le mie vesti odorose e i miei sandali d’oro, i sandali che ho avuto in dono dal generale romano: proprio questi. E quando lo ebbi raggiunto, dissi: “Buongiorno a te”.
Ed Egli mi disse: “Buongiorno a te, Miriam”.
E mi guardò, e la notte che era nei Suoi occhi mi vide come mai nessun uomo mi aveva vista. E d’improvviso mi sentìì come nuda, provai vergogna. Eppure mi aveva detto soltanto: “ Buongiorno a te”.
Gli dissi allora: “Non vuoi venire nella mia casa?”.
Ed Egli: “Non sono già in casa tua?”.
Non capìì cosa intendesse, allora; ma adesso lo so.
E gli chiesi: “Non vuoi dividere con me vino e pane?”.
Ed Egli rispose: “Si, Miriam, ma non ora”.
Non ora, non ora, disse. E in quelle due parole udii la voce del mare, e la voce del vento e degli alberi, udii. Quando le pronunciò, dentro di me la vita parlò alla morte.
Perché – ricordarlo amico mio – io ero morta. Una donna che aveva divorziato dalla propria anima, io ero. Vivevo divisa dal mio essere che tu vedi ora. Appartenevo ad ogni uomo , e a nessuno, Mi chiamavano prostituta, e posseduta dai sette diavoli, così mi chiamavano. Ero maledetta, ed ero invidiata.
Ma quando l’aurora che era nei Suoi occhi guardò nei miei, tutte le stelle della mia notte si dissolsero: ed io fui Miriam, solo Miram, una donna che si era perduta in una terra che le era nota e che ora stava ritrovando se stessa in luoghi che non aveva mai visto.
E di nuovo gli dissi: “Vieni nella mia casa a dividere con me il pane e il vino”.
Ed Egli disse: “Perché mi chiedi di essere tuo ospite?”. Ed io dissi ancora: “Ti supplico, vieni nella mia casa”.
E tutto ciò che in me era zolla, e tutto ciò che in mera cielo, lo invocava.
Allora Egli mi guardò, ed il meriggio che era nei Suoi occhi fu su di me, ed Egli disse: “Tu hai molti amanti, eppure solo io ti amo. Gli altri uomini nella tua vicinanza amano se stessi. Io in te amo te soltanto.
Gli altri uomini vedono in te una bellezza che dileguerà più veloce dei loro anni. Ma io vedo in te una bellezza che non svanirà, e nell’autunno dei tuoi giorni quella bellezza non avrà timore di guardarsi nello specchio, e non ne riceverà offesa. Solo io amo in te ciò che non si vede”.
Poi disse con voce lieve: “Và, ora. Se questo cipresso è tuo e non vuoi che sieda alla sua ombra, andrò per la mia strada”.
Ed io piansi e gli dissi: “Maestro, vieni nella mia casa. Ho per Te incenso da bruciare, ed ho un bacile d’argento per i tuoi piedi. Tu se uno straniero, eppure non lo sei. Ti supplico, vieni nella mia casa”.
Allora Egli si alzò e mi guardò nel modo in cui immagino le stagioni debbano guardare i campi, e sorrise. Po disse ancora: “Tutti gli uomini ti amano per se stessi, ma è per te che io ti amo”: Poi se ne andò.
Nessun altro uomo camminò mai come Lui cammina. Era un alito nato nel mio giardino che soffiava verso oriente? Oppure era una tempesta che avrebbe agitato fin le loro intimo tutte le cose?
Non lo sapevo, ma quel giorno il tramonto che era nei Suoi occhi uccise in me il serpente, ed io divenni una donna. Io divenni Miriam, Miriam di Mijdel.

Maria Maddalena, Gesu’ figlio dell’uomo – Kahlil Gibran—

 

Anche sul mio blog:

http://celticfearn.wordpress.com/2011/12/07/miriam-di-mijdel/